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Antropologia libraria

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Io non so se vi ricordate com’era entrare in libreria e dare un’occhiata nel reparto Attualità nell’anno 2001.
Breve ripasso di storia: Silvio Berlusconi aveva appena stravinto le elezioni, tal Marco Travaglio aveva guadagnato qualche notorietà per aver fatto parecchio rumore promuovendo il suo libro da Daniele Luttazzi, Umberto Eco aveva scritto quel famoso editoriale secondo cui, in soldoni, chi votava il Cav. era scemo o era un ladro.


Mettici quindi la vittoria di Berlusconi, mettici che gli elettori di centrosinistra avevano bisogno di un po’ di conforto per riprendersi dalla sonora batosta elettorale, mettici il clima generale, l’editto bulgaro e tutto il resto, mettici la stagione dei Girotondi e il Palavobis, e il risultato era praticamente un assedio: da quel momento e per anni le librerie sarebbero state invase da decine e decine di libri sul passato di Silvio Berlusconi, sul presente di Silvio Berlusconi, sulle gaffe di Silvio Berlusconi, sulle dichiarazioni di Silvio Berlusconi, sulle aziende di Silvio Berlusconi, sui processi di Silvio Berlusconi, sui fallimenti del governo di Silvio Berlusconi, sul trapianto di capelli di Silvio Berlusconi, sullo stalliere di Silvio Berlusconi, su tutto su Silvio Berlusconi. I libri di questa singolare collana erano alquanto strani (almeno quelli che ho o mi è capitato di avere per le mani): moltissimi erano collage poco leggibili di atti giudiziari e sentenze, oppure raccolte di dichiarazioni a mezzo stampa accuratamente selezionate. Per ognuno scritto bene ce n’erano dieci fatti male e pubblicati con l’unico scopo di parassitare qualche lettore ai testi più famosi, di cavalcare la tendenza nel momento. Nella sostanza dicevano tutti più o meno la stessa cosa, però vendevano, e parecchio (un dato mostruoso su tutti: Marco Travaglio ha scritto 20 libri dal 2001 a oggi, una media di quasi tre all’anno).
Il motivo di tutto questo non è certo oscuro: una larga fascia della popolazione (lettrice) del paese aveva bisogno di sentirsi dire determinate cose e le pigre case editrici – non perchè paladine della libertà d’informazione, ma per semplici e sacrosante ragioni di marketing – soddisfarono ampiamente questo bisogno.

Ora, se il principio del reparto Attualità è ancora valido, non è difficile capire su quale filone si siano gettati a capofitto gli editori negli ultimi tempi. Complice il successo de La casta e il fenomeno Beppe Grillo, le librerie sono invase da titoli come questi:

L’ho detto, è il mercato. E’ amaro però ritrovare in questa situazione l’ennesima conferma della generale mediocrità del giornalismo e dell’editoria italiana: trovato un prodotto che funziona, tutti in fila a imitarlo cercando di rubargli una fetta, anzi, una briciola di pubblico e popolarità. In questo i nostri eroi del dagli-al-politico e dell’anti-inciucismo militante sono proprio uguali ai tanto vituperati autori televisivi della tv spazzatura: quelli che, dopo il successo del primo reality show, da anni ci propinano ogni sera la stessa minestra, incapaci come sono di fare qualcosa di diverso dal copiare i successi degli altri.