Cercasi dependance uso Dalai Lama
Articolo scritto per Pennarossa
Non si fermano il dibattito e le polemiche attorno alla prossima visita in Italia di Tenzin Gyatso, leader politico e religioso del Tibet, noto ai più come il 14simo Dalai Lama. Il Dalai Lama, capo del governo tibetano in esilio, da anni ormai gira per il mondo perorando la causa della liberazione del Tibet e della Cina.
Sebbene da tempo ormai le richieste dell’amministrazione centrale tibetana si siano ammorbidite su una linea di compromesso – l’unica cosa che si chiede al governo cinese è lasciare autonomia negli affari interni alla regione tibetana, una sorta di morbido federalismo – Pechino continua a considerare il Dalai Lama come un pericoloso leader separatista, e perciò esercita continue pressioni perchè le istituzioni dei paesi visitati dal leader spirituale lo trattino come “ospite indesiderato”.
Nonostante il potere contrattuale del colosso cinese nei confronti delle nazioni occidentali sia ormai fortissimo, da qualche tempo a questa parte il muro di gomma nei confronti del Dalai Lama si sta incrinando. Nel 2004 il leader spirituale tibetano è stato ricevuto ufficialmente dal governo canadese e dal suo allora primo ministro Paul Martin. Di recente, il Dalai Lama è stato ricevuto dalla cancelliera tedesca Angela Merkel e – poco più di un mese fa – dal presidente americano George W. Bush. In occasione della sua visita degli Stati Uniti, il Dalai Lama – già premio Nobel Per la Pace – è stato insignito della Medaglia d’Oro del Congresso, la più alta onorificenza per i civili degli Stati Uniti d’America.
In Italia in passato non abbiamo brillato per coraggio, fatta eccezione per la visita del 1994 durante la quale il Dalai Lama fu accolto dall’allora Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e dal Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro. In occasione dell’ultima visita del Dalai Lama, nell’Ottobre del 2006, il leader spirituale fu ricevuto in incontri non ufficiali da Emma Bonino, Alfonso Pecoraro Scanio e dal sottosegretario agli esteri Gianni Vernetti. Oggi, nonostante la lettera inviata al presidente della Camera Fausto Bertinotti da oltre 200 deputati, sembra che al leader spirituale tibetano non sarà concessa la possibilità di intervenire a Montecitorio, ed è molto difficile che sia ricevuto in forma ufficiale dalle massime autorità dello Stato.
Ora, e qui so di andare controcorrente, non ho grandi simpatie per il Dalai Lama almeno quanto non ne ho per la Cina. E’ un mio problema: non riesco a guardare con favore a capi di Stato non eletti che restano al potere vita natural durante sulla base di un principio divino (leggasi teocrazia o dittatura), governando paesi in cui sono in vigore la schiavitù e le punizioni corporali, o dove le relazioni economiche e commerciali sono basate su un sistema feudale.
Detto questo, le ragioni per cui le istituzioni italiane si voltano dall’altra parte davanti al Dalai Lama non stanno certo nella tutela dei diritti umani, bensì in una codardia imperdonabile e vigliacca. Dobbiamo dirlo: non ci facciamo una bella figura. Non ci fa una bella figura Romano Prodi, che aveva già dimostrato grande amicizia nei confronti della Cina quando aveva auspicato la fine dell’embargo sulle armi. Non ci fa una bella figura il Parlamento e il paese, davanti a una dimostrazione di sudditanza così imbarazzante.
Non ci fa una bella figura il Vaticano, che pur di non incrinare i rapporti con la Cina – ma anche per tutelare i cattolici perseguitati in Oriente – non tratta il Dalai Lama così come tratta i leader religiosi di ogni altra confessione. Non ci fa una bella figura la pavida e ambigua sinistra comunista, che – eccezion fatta per due coraggiosi deputati di Rifondazione – ha disertato in massa la lettera appello per convincere il presidente Bertinotti ad aprire al Dalai Lama le porte di Montecitorio.
Quando, davanti alle ripetute violazioni della democrazia in giro per il mondo, ci diciamo che la diplomazia deve avere la meglio, che la democrazia non è esportabile con la guerra e che esistono altre strade per isolare e mettere pressione ai regimi dittatoriali, ecco, dovremmo pensare che queste sono le nostre occasioni e, passo dopo passo, ce le stiamo colpevolmente facendo scappare tutte.