L’Unità e gli Angelucci
Avrete probabilmente sentito la notizia che vuole il glorioso quotidiano L’Unità sul punto di essere acquistato dalla famiglia Angelucci, già proprietaria di altri due quotidiani: il Riformista e Libero. Questa operazione – che ha di certo un risvolto ironico – ha generato qualche mal di pancia a sinistra, oltre che un ingiustificato terrore nei giornalisti dell’Unità sintetizzato in una lettera vibrante che è tutto cosa faremo, dove andremo, che fine faremo, che garanzie avremo, eccetera.
Io vorrei dire due cose. La prima è che faremmo bene ad abituarci a operazioni finanziarie di questo tipo, e smetterla una buona volta di fare i dietrologi complottisti e onniscienti. Cose come questa accadono in ogni paese del mondo occidentale e poco hanno a che fare con equilibri politici o beghe di partito: trattasi di normali operazioni finanziarie. Giusto per citare l’esempio più celebre, Rupert Murdoch possiede testate giornalistiche molto diverse tra loro – dal Times al Sun, da Fox al Wall Street Journal – e le ha acquistate perchè le ha ritenute editorialmente e commercialmente degli asset su cui puntare, non per diventare padrone dell’universo. Ora, senza forzare un paragone tra Murdoch e Angelucci, l’operazione Unità è una operazione di questo tipo: gli Angelucci possiedono già Libero e il Riformista, due giornali caratterizzati da stile e linea editoriale diametralmente opposti. Entrambi giornali liberi ed entrambi di gran successo, è proprio degli editori il primo interesse a che mantengano i lettori che hanno e ne conquistino di nuovi. Per cui, stracciarsi le vesti mi sembra parecchio immaturo. Il mercato funziona così e, vivaiddio, forse inizia a funzionare anche per l’editoria italiana.
La seconda cosa riguarda il blasone dell’Unità che secondo alcuni sarebbe infangato e compromesso dall’essere acquistata dai proprietari di Libero e il Riformista. Vorrei dire, con decisione e un po’ di tristezza, che il blasone dell’Unità è andato perduto da tempo, diciamo più o meno da quando si è messo a recitare la parte del Libero di sinistra – ha ragione Caprara, direttore di Nessuno.tv – sotto la direzione di Furio Colombo e la complicità dell’azionista di maggioranza (i Ds) che aveva interesse a che Colombo solleticasse i peggiori istinti del proprio popolo per fomentarli contro il comune nemico. Invece che preoccuparsi di cosa faremo, dove andremo, eccetera, i giornalisti dell’Unità – e il loro direttore, soprattutto – farebbero bene a decidersi una volta per tutte a fare un giornale vero, serio, che possa essere un giornale di partito senza sposare sempre e per forza la linea del partito, che possa essere scomodo, intelligente e ironico (leggete questo splendido pezzo sul Riformista di oggi, ad esempio), che possa essere moderno e intellettualmente vivo, che possa liberarsi degli editorialisti manettari, che possa indurre il lettore a farsi delle domande e non limitarsi a dargli delle risposte preconfezionate, che possa vendere più copie (magari vendesse quelle che vende Libero) e dipendere un po’ meno dai finanziamenti pubblici di cui usufruisce in misura maggiore di tutti gli altri quotidiani italiani. La linea editoriale del recente passato, un piede nel glorioso passato e un piede nel girotondismo, ha fallito miseramente: i lettori – dai democrats ai più insospettabili leftwing – si sono spostati da un bel pò su Repubblica, la sinistra radicale ha in Liberazione e il Manifesto due giornali che funzionano (almeno editorialmente, finanziariamente un po’ meno). Chi compra l’Unità, a parte i militanti over 60, le tantissime biblioteche e le sezioni che la ricevono in abbonamento?
Insomma, ben vengano gli Angelucci se il loro arrivo permetterà al Pd di avere un giornale più bello e più letto. Se la proprietà vorrà dare un’impronta al quotidiano, magari scegliendo un nuovo direttore, mi auguro che questo cambio alla guida faccia assomigliare il quotidiano fondato da Antonio Gramsci più al Riformista che a Libero; d’altra parte, per somigliare al quotidiano di Feltri in passato l’Unità non ha avuto bisogno di un nuovo editore.