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Kilombo è morto

Kilombo è un progetto di aggregazione dei blog italiani di sinistra, anzi, delle sinistre. Kilombo è un metablog, le cui fila sono tenute da una redazione eletta democraticamente dagli aggregati. Voglio bene a Kilombo perchè è stato tirato in piedi da alcune persone verso cui provo stima e affetto, e gli voglio bene perchè ne sono stato redattore per sei mesi donandogli gran parte del mio tempo libero. Fu durante il mio mandato in redazione – da Novembre 2006 a Maggio 2007 – che il collettivo si espresse a larghissima maggioranza su due questioni ancora de facto irrisolte (Kilombo Slow e l’associazione), questioni che oggi ritornano prepotentemente attuali data la non attuazione della volontà dei votanti (per K-Slow, l’attuazione è arrivata nove mesi dopo).

E quindi penso che Kilombo è morto. Kilombo è morto quando quello che il collettivo aveva approvato quasi nove mesi fa non viene messo in pratica. Il tutto in modo molto semplice, e senza sentire la necessità di dare spiegazioni, di individuare delle responsabilità (che ci sono) o di farsi delle domande. Di che stiamo parlando? Organizziamo votazioni, elezioni e poi i risultati non hanno alcun seguito. Ripeto: di che stiamo parlando?

Kilombo è morto quando cinque redattori su sei si dimettono, e la redazione è formata per 5/6 da redattori che erano stati esclusi dal voto del collettivo. Redattori che il collettivo non voleva. Anche qui: che votiamo a fare? Di cosa stiamo parlando?

Kilombo è morto quando da mesi non si fa più il filtraggio degli utenti inattivi, rendendo di fatto proibitiva la raccolta di adesioni necessarie a modificare la Carta di Kilombo. Anche qui, si inibisce la facoltà del collettivo di chiedere che vengano messe al voto delle modifiche alla Carta. Di nuovo: di cosa stiamo parlando?

Kilombo è morto quando dopo quasi due anni di vita si ritrova ancora proprietà privata di un singolo, dato che non si trova nessuno disposto a dare parte del suo tempo per tenere in vita Kilombo costruendo quella associazione che il collettivo vuole. Quando qualcuno si è fatto avanti (penso a una meritevole kilombista), altri kilombisti sedicenti di sinistra l’hanno riempita di insulti e calunnie facendole passare la voglia.

Kilombo è morto quando qualcuno – ovviamente qualcuno di quelli che non ha mai mosso un dito per creare l’associazione – si permette addirittura di attaccare il benefattore che ci rimette di tasca sua da due anni per tenere in vita Kilombo. Kilombo è morto pure quando il benefattore pensava che la sua meritevole propensione al dialogo e alla mediazione sarebbe bastata a risolvere le contraddizioni di un aggregatore pieno di personaggiucoli in cerca di spicciola visibilità.

Kilombo è morto quando si vota senza leggere i quesiti: quando si polemizza sul metodo di reclutamento dei volontari di Kilombo Slow mentre questo stava nero su bianco nel testo approvato dal 93% dei kilombisti e nessuno disse nulla. Kilombo è morto quando si polemizza sul metodo di pubblicazione dei contenuti su Kilombo Slow quando sta scritto nero su bianco che il comitato editoriale non ha alcun potere di selezione dei contenuti. Kilombo è morto quando si attacca un progetto dando per scontato che il suo comitato editoriale, prima ancora che abbia mosso un dito, faccia il suo dovere in malafede.

Kilombo è morto e sepolto quando qualcuno sprovvisto di senso del ridicolo vede un fantomatico tentativo di spostare l’asse politico dell’aggregatore (qualora ce ne sia uno) nell’attuazione di un progetto assolutamente neutro e approvato dal voto del collettivo a larghissima maggioranza (93,8%, per chi non se lo ricorda) nove mesi fa. Kilombo è morto quando si fa risalire la propria incapacità di leggere testi in lingua italiana e accettare i verdetti democratici alla nascita del Partito Democratico (mi chiedo perchè non all’estinzione delle balene o alla scala mobile, allora).

Kilombo è morto in una Carta dei valori condivisibile da molti perchè ecumenica, annacquata e impossibile da far rispettare. Kilombo è morto quando in nome di un libertarismo strabico e peloso non si espellono blogger che nulla hanno a che fare con la sinistra, e che hanno danneggiato concretamente l’aggregatore. Kilombo è morto quando si scrivono interminabili post pieni solo di insulti o si augura lunga vita a un dittatore, e nessuno dice nulla. Kilombo è morto quando si parla di Kilombo solo e soltanto quando si litiga su qualcosa, e attenzione: non si litiga mai su contenuti politici bensì sempre su elezioni, voti, espulsioni e beghe di ogni tipo.

Non ho firmato l’appello su Kilombo Slow, e non lo firmerò. Non lo firmo per lo stesso motivo per cui probabilmente (e giustamente) non sono stato coinvolto nella sua scrittura, sebbene la mia email fosse nota a chi lo ha promosso: molti kilombisti di pseudo-sinistra vedono rosso appena leggono il mio nome, e probabilmente la mia presenza avrebbe compromesso l’encomiabile tentativo dei promotori di far risorgere lo spirito originario di Kilombo. Spirito che, ormai dovrebbe essere piuttosto evidente, non esiste più, e non per colpa loro.
Non firmo l’appello “Il futuro di Kilombo” perchè, probabilmente, Kilombo è morto anche nella pia illusione di tante persone capaci e in gamba a cui mi lega grande stima che pensano ancora sia possibile tenere insieme – al governo o sulla rete – la sinistra del ventunesimo secolo e quella del novecento. La sinistra che vuole cambiare le cose governando e la sinistra che si sente soddisfatta sbraitando in piazza. La sinistra che vede nel privato una risorsa e la sinistra che vede il mercato come il male assoluto. La sinistra che non si volta dall’altra parte quando nel mondo vengono violati i diritti umani e quella che vuole il ritiro da tutti i teatri di guerra, dalla Nato e forse anche dall’Onu. La sinistra che ha a cuore le istituzioni democratiche e quella che strizza l’occhio a dittatori come Castro o personaggi parademocratici come Chavez. La sinistra della Spd e quella di Lafontaine, la sinistra del Psoe e quella di Batasuna, la sinistra del Labour Party e quella di Respect, la sinistra del Pd e quella rifondarola e dilibertiana affascinata dalle manette di Di Pietro. Due sinistre che non hanno più nulla in comune.