Questo sito contribuisce alla audience di IlPost

San Precario (protettore dei call center)

Articolo scritto per Pennarossa

Domani è il 20 Ottobre, il giorno della manifestazione nazionale promossa da Liberazione, il Manifesto e Carta e alla quale hanno aderito i partiti della sinistra dell’Unione. A parere di chi vi scrive, questa manifestazione presenta tre caratteristiche particolari rispetto alle manifestazioni che siamo stati abituati a vedere finora.

La prima anomalia salta fuori quando, scorrendo l’appello che ha dato il via alla manifestazione, si leggono le più svariate motivazioni per la manifestazione di piazza. Sebbene il tema centrale della mobilitazione sia certamente il protocollo sul welfare (e i suoi provvedimenti su pensioni e precarietà del lavoro) la manifestazione abbraccia una serie infinita di tematiche: dai diritti ai migranti alla laicità dello Stato, dallo scudo spaziale alla legalità, dal ritiro dall’Afghanistan alle leggi sugli spinelli. Il tutto riassunto nel desiderio di una “iniziativa di sinistra che rilanci la partecipazione popolare”.

Non si può certo dire che manchi la carne al fuoco. Mettere punti così diversi insieme all’interno della stessa manifestazione garantirà una maggiore e più consapevole partecipazione? Oppure rischia di creare confusione, e ognuno sarà in piazza per motivi diversi tra loro, e forse contraddittori (“Scendi in piazza e protesta!” “Per cosa?” “Fai tu!”)?

La seconda anomalia è arrivata sul tavolo nella giornata di ieri, quando il segretario generale della Cgil Guglielmo Epifani – dopo aver ribadito il suo parere critico nei confronti della manifestazione – si è augurato di non vedere in piazza bandiere della Cgil. A questo suo auspicio si uniscono le esternazioni critiche di Cisl e Uil, che non saranno presenti il 20 Ottobre.

Siamo davanti a una delle pochissime volte nella storia della sinistra italiana che una manifestazione indetta “in difesa dei lavoratori” sia disertata e osteggiata così palesemente dai sindacati. Pesa inoltre il verdetto del referendum su quel protocollo sul welfare obiettivo dei manifestanti: su cinque milioni di lavoratori interpellati, oltre l’81% ha espresso parere favorevole alle misure concordate dal governo e le parti sociali.

Davanti a un dato non equivocabile come questo, è legittimo chiedersi di quali lavoratori è portavoce la manifestazione di domani? Il sorpasso a sinistra dei partiti sui sindacati non rischia di avere degli effetti destabilizzanti sul governo e sulla qualità della concertazione con le parti sociali?

La terza anomalia è il testimonial d’eccezione emerso ieri per la manifestazione del 20 Ottobre: niente popò di meno che Joseph Ratzinger, alias Papa Benedetto XVI. Aprendo la settimana sociale della CEI, il Papa ha dichiarato in un messaggio: “La precarietà del lavoro è un’emergenza etica e sociale; lo sviluppo autentico e completo della società risulta seriamente compromesso”.

Sappiamo che vedere queste dichiarazioni come un appoggio alla manifestazione di domani è chiaramente una forzatura, e non possiamo non ribadire il nostro totale accordo con il Papa nell’individuare nella precarietà del lavoro una delle più gravi emergenze del nostro paese.

Quello su cui si dividono i promotori della manifestazione e i firmatari del protocollo non è infatti la lotta alla precarietà, su cui tutti sono d’accordo, bensì le misure da attuare per portare avanti questa lotta. Governo e sindacati ne hanno messe a punto alcune nel loro protocollo, i promotori della manifestazione non ne sono soddisfatti.

Il punto su cui ci piacerebbe riflettere però è un altro, con una premessa: il Papa – in quanto indubbiamente una delle persone al mondo le cui parole sono più pesanti e impegnative – è certamente a conoscenza dell’attualità del dibattito sulla precarietà in Italia, nonché di come attorno a tale tema si stiano consumando conflitti tra l’area riformista e l’area radicale della coalizione al governo.

Memori quindi dell’aperta ostilità delle gerarchie vaticane per il governo Prodi (vuoi per il tentativo di ddl sui Dico, vuoi per i tanti mangiapreti in più in giro per i ministeri) e dell’antipatia ancora più radicata verso il progetto del Partito Democratico, visto come massimo ostacolo al ritorno all’unità dei cattolici in politica (rileggere a tal proposito questa riflessione e lo splendido editoriale di Ezio Mauro di qualche mese fa), che il Santo Padre abbia voluto fare un dispetto al governo e al nascente nuovo partito?

Non lo sappiamo. Se fossimo nei panni dei promotori della manifestazione, però, staremmo bene attenti a non prendere certe esternazioni di sostegno come fossero … Vangelo.